Invochiamo qui, da questo blog, un’educazione alla solitudine serena e ricca. Avete letto bene: la solitudine è serena e ricca. E’ triste e buia se la tratti male, se non la vivi come un dono e una possibilità, se la vedi con gli occhi dello stereotipo. Ho letto molti articoli che inneggiavano alla solitudine, sottolineando il fatto che bisogna saper stare da soli per poter, finalmente, poter stare bene in coppia.
La convinzione che sta sotto questa frase è che la solitudine sia un passaggio verso la ricompensa, una prova da superare per poter finalmente veleggiare tra le braccia dell’amato bene. E se fosse il contrario? Se fosse la solitudine (tolta finalmente dall’ ambito semantico della tristezza indesiderata) la nostra meta,la nostra condizione naturale, se fosse l’amore incondizionato verso noi stessi, il vero happy end?
Se fosse la relazione ad essere transitoria, e la mia solitudine la mia certezza? Allora forse, con il paradigma finalmente rovesciato, l’amore della coppia potrebbe essere libero dalla dipendenza emotiva ( e va da sè, materiale) che genera così tanta violenza. Allora, forse, l’amore della coppia potrebbe ritornare alla sua natura di incontro, al suo essere tanto più sacro perchè così fragile. Allora, davvero, con la serena certezza che tutto ci lascia, tranne noi stessi, i nostri sforzi potrebbero essere rivolti alla nostra crescita personale, alla gratitudine e alla reale conoscenza della migliore compagnia che possiamo avere.
Educhiamoci ad una solitudine gioiosa, ricca, in apertura al mondo, che non vuole dividere la propria vita (che brutta espressione) ma moltiplicare i momenti d’amore nell’ incontro con qualcuno, con un’altra solitudine errabonda e sorridente